sabato 31 marzo 2012

Avvelenati, un coraggioso libro di denuncia

16/6/2010

Avvelenati, scritto a quattro mani da Giuseppe Baldassarro e Manuela Iatì (Città del sole editore), due giovani giornalisti calabresi, è uno dei tanti reportage figli dell’ultimo capitolo di Gomorra, dedicato allo scandalo dello smaltimento dei rifiuti tossici ed al triangolo della morte. 
L’argomento focalizzato sono le famigerate vecchie navi affondate a decine lungo le coste italiane, soprattutto al sud, nelle cui stive si sospetta che siano contenuti rifiuti tossici estremamente pericolosi, incluso scorie nucleari.
Fece scalpore nei mesi scorsi il caso della vecchia carretta del mare da anni nel golfo di Cetraro, ai limiti delle acque territoriali, che si rivelò, dopo accurate e costosissime indagini, una bufala e si appurò che l’affondamento era stato provocato unicamente per frodare l’assicurazione. 
Il libro è scritto con passione e giovanile entusiasmo, un difetto alcune volte, ma la giovinezza non è certo una colpa, è semplicemente uno stato transitorio, dal quale si guarisce poco alla volta, giorno dopo giorno.
L’ipotesi che per smaltire sostanze altamente inquinanti sia necessario affondare la nave è una clamorosa ingenuità, paragonabile a sbarazzarsi dell’acqua sporca gettando la tinozza con dentro il bambino, come pure evocare il complotto, in faccende di quotidiana criminalità più o meno organizzata, serve solo a intorbidire il problema, distogliendo l’attenzione mediatica sull’argomento, che conserva una incombente gravità.
Se una nave deve liberarsi di un carico compromettente, quale soluzione migliore che aprire una botola in mare aperto ed in acque internazionali, per poi ritornare a caricare e scaricare altre infinite volte.
Al libro ha collaborato un magistrato, il dottor Cisterna, a lungo titolare della pubblica accusa in processi calabresi per inquinamento ambientale, al quale abbiamo chiesto quali provvedimenti legislativi sono necessari per giungere a colpire realmente e severamente i colpevoli di disastri ecologici, i cui danni saranno scontati anche dalle generazioni future.
“Bisogna lavorare soprattutto nella prevenzione, controllando accuratamente tutti i passaggi delle sostanze pericolose, dalle fabbriche che le producono come scarto dei processi di lavorazione fino alle discariche speciali dove vanno ammassate ed inertizzate.
Anche io credo che i controlli vadano fatti nei porti, luoghi spesso sotto tutela militare nei quali fino a pochi anni fa era vietato anche scattare una innocente fotografia”.
Con l’auspicio che l’Italia quanto prima adegui la sua normativa a quella europea, molto più severa, non resta che leggere questo libro, al quale auguriamo la migliore fortuna  per l’ingrato compito di risvegliare la nostra coscienza civile che troppo spesso sonnecchia.

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