martedì 3 aprile 2012

La minaccia di Marchionne


15/11/2010

Gentile direttore, la minaccia di Marchionne che la Fiat lasci l’Italia se non si realizzano più utili, non può rimanere senza reazioni da parte della classe politica e dei lavoratori, perché globalizzazione e capitalismo selvaggio oramai hanno rotto ogni argine, provocando effetti devastanti sull’occupazione e sulla convivenza civile. 
Si può per un attimo pensare a nazionalizzare la Fiat? Certamente è fantapolitica, ma bisognerà pur trovare un rimedio all’arroganza di un apolide la cui unica patria è il denaro, la sola religione è la produttività, mentre le regola fondamentale resta la delocalizzazione. La Fiat è patrimonio dell’Italia e degli italiani, non solo degli azionisti senza volto e dei supermanager da decine di milioni di euro all’anno di stipendio. Il Paese ha fornito in un secolo di attività uomini e capitali, molte licenze ed alcuni discutibili privilegi come le rottamazioni, che negli ultimi trenta anni sono ammontate ad oltre otto miliardi.
Quando l’azienda andava bene si distribuivano dividendi, quando va male devono intervenire i contribuenti ed i lavoratori devono soffrire. La Fiat è una fabbrica estesa da Mirafiori a Termini Imerese ed al suo successo hanno contribuito centinaia di migliaia di lavoratori provenienti da ogni città d’Italia.Per anni ha scandito orari, sveglie, vacanze, abitudini; non può scomparire per correre dietro all’arroganza del profitto. Se dovesse succedere non ci resta che piangere, ma sarà un diluvio. 


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