15/2/2011
Mentre l’implosione delle dittature nord africane fa affluire nell’isola di Lampedusa migliaia di profughi (in pochi giorni un numero superiore agli arrivi del 2010), mettendo in crisi ogni possibilità di accoglienza, il concetto di multiculturalismo in Europa si è dimostrato incapace di armonizzare e di integrare gli immigrati, che arrivano in quantità crescenti, costituendo oramai una percentuale significativa della popolazione residente.
Germania, Gran Bretagna, Francia, Svezia, Olanda e Danimarca hanno dichiarato ufficialmente la fine di una politica praticata per anni con orgoglio e che si è dimostrata un fallimento.
Nei mesi scorsi la Merkel, il Paese a cui tutti gli europei vedono come modello di riferimento, ha dichiarato, di fronte a 16 milioni di stranieri ed alle proteste dei tedeschi, che si vedono invasi, che chi non conosce la lingua ed accetta pienamente la legge non è il benvenuto.
La Francia ha sempre, sin dal periodo coloniale, praticato l’assimilazione degli stranieri, obbligati oltre al rispetto della legge ad assumere tradizioni e valori della nazione ospitante. Ha vietato il velo nelle scuole ed il burqa nei locali pubblici e nonostante le sanguinose rivolte del 2005 nelle banliue continua a proclamare:”La Francia o la si ama o è meglio andarsene”.
Le democrazie nordiche, i grandi santuari dello stato sociale si sentono assediati dai poveri della terra e cominciano ad imporre regole sempre più severe, ripiegando sulle identità nazionali. In Danimarca ogni immigrato deve studiare per 18 mesi la lingua e la storia nazionale prima di poter ottenere il permesso di soggiorno, in Svezia si richiede a viva voce la chiusura delle moschee.
Ed infine anche la Gran Bretagna, dopo avere per anni, durante il regno di Blair, sognato una società in cui tutte le razze, le etnie e le religioni potessero convivere con pari diritti e dignità, oggi con Cameron ha scoperto che bisogna cambiare, perché molti giovani musulmani sono vulnerabili al radicalismo islamico con effetti devastanti. Una politica che per decenni era stata l’opposto di quella praticata negli Stati Uniti, pur così vicini culturalmente al Regno Unito, dove immigrati provenienti dai quattro angoli del globo vengono amalgamati dal melting pot, quella straordinaria fucina capace di sciogliere le razze e di produrne una nuova.
Il multiculturalismo era nato dall’esigenza di fornire risposte adeguate al problema dell’immigrazione di massa verso l’Europa e voleva stemperare le diversità religiose e etniche in un nuovo ordine sociale più variegato, più colorato e più dinamico. L’Italia, ultima arrivata tra le grandi a confrontarsi col problema, deve fare tesoro delle esperienze altrui e trovare un giusto equilibrio tra i demenziali diktat della Lega, l’eccessivo sentimento di accoglienza della Chiesa, certa che alla fine lo Spirito Santo aggiusterà tutto e le esigenze dello Stato, che ha bisogno di energie fresche e di lavoratori desiderosi pacificamente di dividere con noi le loro vite.
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