giovedì 16 agosto 2012

LA FECONDAZIONE IN VITRO



Quella dei nostri figli, al massimo quella dei nostri nipoti, sarà l’ultima generazione, nel mondo occidentale, che partorirà secondo i dettami della Bibbia. Le successive non dovranno più sobbarcarsi ai disagi della gestazione ed ai pericoli del parto, perché nei prossimi anni le tecniche di fecondazione assistita, nate per risolvere l’infertilità, avranno trovato una soluzione a tutti i problemi legati allo sviluppo completo dell’embrione in un utero artificiale.
Nelle more l’ingegneria genetica saprà debellare la maggior parte delle malattie ereditarie e sarà inoltre possibile scegliere, oltre al sesso, anche i principali caratteri individuali: colore degli occhi e dei capelli, costituzione fisica e, probabilmente, anche significativi tratti della personalità ed il quoziente intellettivo. I genitori potranno avere il figlio che più desiderano, sarà semplice come andare in un negozio e comprare il tipo di bambola che il bambino desidera. Sarà certo questione di disponibilità finanziaria, ma i risultati non saranno meno sconvolgenti. 
La pratica del sesso diverrà facoltativa ed interesserà i pochi pervicaci appassionati, che non vorranno usufruire delle scoperte della neuro sessuologia, la quale, una volta identificate le aree cerebrali deputate all’orgasmo, saprà sollecitarle a piacimento, attraverso stimoli virtuali o farmacologici.
“Se nulla è certo, molto è possibile, qualcosa è probabile, poco è improbabile”. Una massima di grande saggezza, ma che trova una ridotta applicazione nel rapido delinearsi dello scenario prossimo venturo, nell’ipotizzare il quale ben poche sono le variabili che possono trasformare il risultato finale.
Una legislazione restrittiva, anche se adottata da molti Stati, non potrà fermare il progresso, al massimo potrà accentuare le disparità economiche, permettendo solo ai più ricchi di accedere alle nuove scoperte. I divieti infatti non hanno alcuna efficacia su quelle pratiche scientifiche che non necessitano di una tecnologia particolarmente sofisticata.
Un laboratorio per la fecondazione assistita non richiede grandi attrezzature, né materiali difficili da procurarsi e, tanto meno, un know how particolarmente ostico da apprendere e da trasmettere.
Il quadro futuribile che abbiamo delineato non prevede salti di conoscenza significativi, ma semplicemente il normale sviluppo della scienza, che si può ipotizzare allo stato attuale degli studi.
Alcuni traguardi come ad esempio la determinazione del sesso della propria prole è già realizzabile, anche se con tecniche da perfezionare e già sta creando pericolosi squilibri nella composizione di quelle popolazioni, come quella cinese, che da alcuni anni ne fanno ricorso.
In Cina infatti è permesso avere un solo figlio, per cui, per ataviche motivazioni, sia economiche che culturali, quando una donna è all’inizio della gravidanza, spesso chiede di potersi sottoporre ad indagini per la determinazione del sesso del nascituro, oggi possibili già dalla settima, ottava settimana di gestazione ed in caso di un embrione di sesso femminile decidersi a ricorrere all’aborto volontario, che nella Repubblica Popolare cinese è non solo permesso, ma anche incoraggiato.
Quando si adoperano le tecniche di fecondazione assistita è sempre possibile scegliere il sesso del nascituro e, quando questa pratica diverrà molto diffusa, gli effetti collaterali… devastanti si vedranno dopo una sola generazione.
Il genere umano presenta infatti, per il perpetuarsi di un meccanismo di tipo omeostatico molto sofisticato e solo in parte conosciuto, una percentuale costante del 50% di maschi e di femmine. Questo postulato biologico è alla base della monogamia della nostra specie. A lungo nei secoli scorsi si è data la colpa alla donna quando non generava un figlio maschio, poi si è creduto che era l’uomo attraverso i suoi spermatozoi a stabilire il sesso della prole; ma erano scoperte fallaci: a determinare una eguale e costante percentuale tra i due sessi presiede un mirabile meccanismo ancora del tutto sconosciuto.
La presenza in una popolazione, come ad esempio quella italiana, di un maggior numero di donne è legato unicamente alla maggior durata della vita femminile, caratteristica costante in tutto il mondo. Ma ha ben poca importanza se esaminando le classi di età più avanzate (oltre i 60-70 anni) troviamo più donne che uomini, l’importanza è che nell’età feconda vi sia un perfetto equilibrio tra i due sessi.
Questa “armonia percentuale”, necessaria per il quieto vivere delle famiglie, della società e degli Stati è tenuta sotto controllo in maniera a dir poco prodigiosa: infatti in periodi post bellici, quando i maschi diminuiscono, per una generazione nascono meno femmine.
Una scoperta recente è stata l’osservazione che gli embrioni abortiti spontaneamente, nelle prime fasi della gravidanza, sono più frequentemente di sesso maschile, di conseguenza il rispetto della percentuale paritaria non avviene al momento della fecondazione, quando contiamo 170 maschi per 100 femmine, bensì nel momento più significativo, il periodo di maggiore fertilità, tra i 20 ed i 35 anni.
La prospettiva di poter a breve scegliere il sesso dei propri figli deve farci riflettere sulla circostanza che la scienza, con le sue incessanti scoperte, rende le nostre scelte sempre più difficili e che le chiavi del nostro destino sono in gran parte nelle nostre mani, se sapremo valutare correttamente i quotidiani cambiamenti provocati dal continuo progredire delle conoscenze.
Il poter leggere, grazie alle continue scoperte scientifiche, nel gran “libro” della natura le tracce inequivocabili di un ordine deve invitarci ad una profonda riflessione e la stupefacente maniera con la quale la natura programma il rapporto percentuale tra i sessi ne rappresenta uno degli infiniti esempi.
Il Newton nel porre termine al suo “Philosophiae Naturalis Principia Matematica”, una tra le più importanti opere dello scibile umano, non ritenne fuori luogo dissertare sugli attributi di Dio. Sia perciò permesso, ad un laico inveterato, per alcuni in via di conversione, invitare tutti a meditare sulla certezza che tali delicati meccanismi è assolutamente improbabile che siano sorti per combinazione!

martedì 14 agosto 2012

IL DUALISMO DI INTERNET



Pochi sanno che internet nasce grazie a ricerche, dettate da finalità militari, per identificare un sistema di trasmissione di dati, che il nemico non sia in grado di decriptare; lo stesso filone di studi che aveva incoraggiato esperimenti di telepatia anche nel corso delle missioni Apollo.
Lo sviluppo della nuova tecnologia è stato poi tumultuoso ed ha cambiato in breve il volto del mondo, dimostrandosi una delle più importanti novità nella storia dell’umanità.
Per anni è sembrato che si potesse realizzare il sogno di un mondo senza confini né padroni, autogovernato dalla comunità degli utenti, uno spazio senza controlli e censure, nel quale notizie e conoscenza potessero dilagare e raggiungere i più sperduti angoli del globo.
Il numero di coloro che quotidianamente si collegano alla rete diviene sempre più alto e la circolazione delle idee mette in crisi spietate dittature, nonostante pene severissime, inclusa quella capitale e la creazione di una grande muraglia telematica attorno alla Cina per cercare di filtrare informazioni non gradite.
Skype permette attraverso il computer di poter parlare gratuitamente con chiunque, anche all’estero e rompe l’egemonia ed il latrocinio dei gestori telefonici, nello stesso tempo la privacy delle conversazioni è assoluta, perché proprietà del servizio e server, situati tra Scandinavia ed Estonia, non accolgono alcuna rogatoria che richieda intercettazioni, una falla ben nota a terroristi e mafie, le quali utilizzano da tempo esclusivamente questo sistema per le loro comunicazioni.
Giovani di ogni paese utilizzano alcuni siti specializzati per scaricare file musicali o film senza pagare i diritti d’autore, come pure è molto semplice stampare un libro coperto da copyright, una libertà sconfinante nell’anarchia, che alla lunga metterà in crisi l’industria culturale.
Anche l’esperienza più anarchica dell’etere come Wikipedia, l’enciclopedia on line che aveva mandato in pensione giganti del sapere come la Britannica o la Treccani, si appresta a rivedere la sua filosofia basata su un sapere che sgorgava dal basso senza gerarchie, davanti ai problemi insoluti di voci controverse, soprattutto riguardanti la contemporaneità, le quali negli ultimi anni hanno innescato focosi conflitti tra appartenenti a fazioni di pensiero contrastante, che si correggevano all’infinito. La redazione ha stabilito un controllo da parte di specialisti delle singole materie su gran parte degli argomenti, una conferma dell’illusione di un sapere democratico e la consacrazione di un’aristocrazia della cultura, di nuovo arroccata in una cittadella ideale per pochi eletti.
Ma il pericolo più grave che minaccia la rete è costituito dall’intenzione di Obama di potersi assurgere a controllore assoluto del ciberspazio, arrogandosi di decidere l’interruzione del servizio, se, a suo insindacabile giudizio, dovesse esserci un pericolo telematico per gli Stati Uniti. Purtroppo non si tratta di un’evenienza fantastica, come dimostrano i recenti attacchi a Google e Twitter condotti da hackers che hanno paralizzato per ore milioni di computer.
Se il Cybersecurity Act verrà approvato dal Senato si sancirà la volontà di violare la sovranità di altri Stati, né più né meno della dottrina Bush di inseguire dappertutto il terrorismo dall’Irak all’Afganistan, facendo scoppiare conflitti e decapitando governi con la scusa di esportare la democrazia. Infatti se i terroristi informatici decidessero di utilizzare i server di nazioni neutrali per infettare con virus micidiali in grado di controllare a distanza le comunicazioni sarebbe inevitabile far partire il contro attacco senza il tempo di avvertire nessuno.
Un pericolo che violerebbe non solo la neutralità del web, ma anche la sovranità degli Stati, ma non si potrà fare altrimenti, perché un attacco da parte di hacker specialisti come preludio di una guerra, bloccando i computer, avrebbe consistenti probabilità di successo, non solo impazzirebbe il traffico paralizzando le città, ma andrebbero in tilt anche i codici dei missili con le ogive nucleari.

venerdì 20 luglio 2012

IL RESTAURO DEL CONVENTO DI SAN DOMENICO MAGGIORE


Napoli e le sue meraviglie. Finalmente visitabile un illustre monumento



Il convento di San Domenico Maggiore (Fig.01), che forma con la chiesa un complesso di grandiose proporzioni (Fig.02), è il risultato di una secolare stratificazione che fu avviata a partire dal 1227 quando papa Gregorio IX inviò a Napoli un piccolo gruppo di domenicani che si stabilirono nell’antico monastero di San Michele Arcangelo a Morfisa abitato prima dai monaci brasiliani e poi dai benedettini.


Nel convento soggiornò tra il 1272 e il 1274 Tommaso d’Aquino (Fig.03) che insegnò teologia nello Studio lì stabilito da Carlo d’Angiò.


Nel 1284 iniziarono per volere di Carlo, principe di Salerno, il futuro Carlo II, i lavori di riedificazione della chiesa, mentre nel 1289 vennero avviati i lavori di ristrutturazione del convento.
L’organismo, che nel corso dei secoli si estese progressivamente in un’insula di dimensioni quasi quadrupla rispetto alla maglia della città nella città, raggiunse il suo massimo sviluppo a seguito dei lavori promossi a partire dal 1669 dal priore Tommaso Ruffo dei duchi di Bagnara.
Il priore Ruffo, che profuse nell’intervento gran parte del suo patrimonio personale, volle salvaguardare alcuni ambienti legati alla secolare storia del complesso, come la cella di San Tommaso (Fig.04-05-06).




Il risultato dei lavori che continuarono nel corso del Seicento fu una fabbrica di maestose proporzioni, articolata in tre braccia: il dormitorio di San Tommaso, il noviziato e il dormitorio dei Maestri, disposti attorno ad un’area libera destinata a giardino. Adiacenti al dormitorio di San Tommaso si sviluppavano al primo piano il Refettorio, la Sala del Capitolo (Fig.07-08-09) e la Biblioteca.




Si avvicendarono in questa monumentale impresa gli architetti Bonaventura Presti, Francesco Antonio Picchiatti e Luigi Nauclerio.
Oggi il convento è smembrato in più zone, una parte è utilizzata dai Domenicani, un’area a livello del chiostro è occupata dalla palestra Virtus, un’altra ancora è occupata su tre livelli dall’Istituto Scolastico Casanova (Fig.10) e infine la parte più rilevante, che ha ospitato fino agli anni ’90 le aule dell’ex Corte D’Assise, è oggetto dell’attuale intervento di restauro.


Il recupero di questi grandi spazi che ospitavano le celle di sicurezza oltre che le aule della Corte con le conseguenti realizzazioni di locali ammezzati, controsoffittature e incongrui corpi di fabbrica, è stato improntato alla ricostituzione delle originarie caratteristiche architettoniche e spaziali e al ripristino dei collegamenti tra gli ambienti e delle loro caratteristiche tipologiche. Per una parte rilevante l’intervento ha riguardato la “pelle” decorativa di questi ambienti monumentali con il restauro dei superstiti cicli pittorici (Fig.11-12-13-14), degli stucchi tardo seicenteschi e della cella di San Tommaso, interamente decorata negli anni venti del Settecento, nonché di numerosi arredi tra i quali la Macchina liturgica per le Quarantore, complesso organismo che potrà costituire uno dei punti di maggiore attrazione della futura organizzazione museale di questi spazi.


L’intervento, che ha interessato una vasta area pari a circa 7000 metri quadrati, di cui 4000 afferenti all’ex Corte d’Assise integralmente restaurati e ri-funzionalizzati, 3000 afferenti all’ala dell’Istituto A. Casanova esclusivamente consolidati, ha impegnato un consistente gruppo di lavoro della Soprintendenza per i Beni Architettonici di Napoli e provincia, con l’apporto di esperienza di qualificati consulenti esterni, durante il corso di un prolungato arco temporale.



P.S.    Foto di Maddalena Iodice


giovedì 19 luglio 2012

Siamo randagi non lupi



Durante l’estate aumenta in maniera esponenziale il vile fenomeno dell’abbandono dei cani.
Tante famiglie in partenza per le vacanze, si liberano senza tanti complimenti, abbandonandolo sul bordo di una strada, del loro amico più fedele.
Si formano così quei branchi di randagi che vagano nelle periferie delle città, alcuni di loro hanno avuto un padrone, altri mai.
Per sopravvivere riscoprono alcune regole impresse nel loro DNA, dalla socialità che li fa stare tutti assieme, al rispetto della gerarchia, per cui appena si aggiunge un rottweiler, diventa il capobranco. 
Ma rimangono cani senza trasformarsi in lupi.
Basta vedere come si procurano il cibo. A parte i tanti che si cibano dai cassonetti della spazzatura, molti si piazzano davanti ai ristoranti ed ai supermercati. Per mangiare dipendono ancora dall’uomo, ma in compenso hanno acquisito un bene incommensurabile: la libertà.

martedì 10 luglio 2012

Mitologia oggi





IL MESSAGGERO di martedì 26 giugno 2012 pag.2
Rubrica: A TU PER TU Di Roberto Gervaso


   Caro signor Gervaso, creata dalla fertile fantasia dei nostri antenati, la mitologia rivive con prepotenza nell’immaginario popolare dei nostri contemporanei. Le muse sono oramai a portata di mouse e non vivono più nei racconti dei cantastorie che li diffondevano dai villaggi alle città, ma trionfano sui settimanali patinati ed irrompono dallo schermo dei nostri computer, creando un mirabile corto circuito tra passato e presente in un mirabile spazio-tempo, a cui tutti gli abitanti del villaggio globale  possono accedere liberamente. Oramai tra l’Olimpo e lo star system non esiste più alcuna barriere temporale. Le monumentali statue di Fidia e di Mirone, che ci proponevano atleti leggendari, si sono reincarnate nelle piroette di Messi e nello scultoreo corpo della Pellegrini mentre le divinità sono divenute dive, gli eroi si sono trasformati in campioni olimpici, le vezzose quanto seducenti ninfe sono degnamente rappresentate da graziose veline o maliziose escort, i virulenti satiri hanno trovato un degno erede nelle incredibili cavalcate erotiche dell’immarcescibile Cavaliere. Eris la poco nota dea della zizzania, rivive negli effetti devastanti del prorompente posteriore di Pipppa Middleton, che distoglie i flash dei fotografi dall’abito nuziale della sorella Kate e turba i desideri lascivi dei maschi di tutte le età. Una pedissequa ripetizione della famosa discordia scatenata dalla perfida mela che turbò il matrimonio tra Pelea e Teti, scatenando dissapori tra le Dee come in una eccitante puntata di un reality show. I  suoni delle band e le suadenti melodie dei cantanti vorrebbero ammaliarci, come le sirene cercarono di incantare l’astuto Ulisse. Le miss e le longilinee top model ricalcano il mito del trucco e della bellezza. Che vede Cleopatra come illustre capostipite. L’antica mitologia ci proponeva divinità umanizzate con pregi e difetti: da Giove a Venere, da Ercole ad Achille, da Paride ad Elena; antichi archetipi, pedissequamente riproposti da calciatori, ballerine, pop star e attori del cinema e della televisione, in una girandola multiforme e con uno scambio di ruoli da far inorridire sia Kafka che Pirandello. 

Achille della Ragione
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   Lei, caro Achille ha perfettamente ragione: le cose stanno proprio così. Né con l’aria che tira, potrebbero stare diversamente. I valori si sono sovvertiti, il favore fa aggio sul merito, i gusti sono cambiati, e anche i disgusti. E cambiate sono le aspirazioni. Il mondo di oggi non è più quello di ieri, e non solo entro i confini dello stivale: ovunque. Le copertine dei settimanali sono diventate appannaggio degli eroi dello spettacolo, dello sport, della moda. Le veline, le show  girl, i calciatori, le modelle, tengono campo, dopo averlo invaso. I nuovi Soloni sono i tronisti che, non sapendo niente di niente, possono parlare, e parlano di tutto. Il gossip dilaga, il sensazionalismo è la materia prima dei giornalisti. Se non fai scandalo, non sei nessuno. Un paio di tette prosperose o un fondoschiena ben esibito valgono più di un cervello che funzioni. Lo star system impera e i suoi fan, sempre più fanatici, non si contano.
Noi siamo all’antica e non solo perché antichi (antichi o venerabili, non vecchi) e in questo mondo stiamo male, anche se speriamo di restarci il più a lungo possibile visto che l’altro, se esiste, non lo conosciamo; se non esiste, ci annulla e ci toglie la voglia di salire sul barcone di Caronte.
Con la parola e con la penna cerchiamo di arginare questa deriva ma l’impresa è disperata. Siamo soli e in pochi. La massa si è adeguata e i pettegolezzi che ha sempre amato la fanno gongolare più di quanto la interessino la serietà e la profondità dei ragionamenti. Fra un Nobel e Madonna che fa una piroetta e canta, sguaiata e blasfema, non ha dubbi: meglio la signora Ciccone. Tra un filosofo che cerca di farti capire l’incomprensibile vita e un bomber come Di Natale, sceglie Di Natale.
Nei bar, la mattina, fra una tazzina e l’altra di caffè, di cosa si parla? Del rigore ingiustamente negato alla Roma e benevolmente concesso alla Juventus, dell’ultima esibizione della rock star, del temerario bikini di Belen o dell’amore contrastato della figlia di un commoner con il pretendente al trono di un regno scandinavo.
Che fare? Niente. Prendere atto, come dicevo, che il mondo di oggi non è più quello di ieri e augurasi che quello di domani sia meglio di quello di oggi. 

Roberto Gervaso

giovedì 5 luglio 2012

151 PERSONAGGI CHE HANNO FATTO L’ITALIA



Un libro di Giuseppe Parlato che fotografa la storia
GLI ITALIANI CHE HANNO FATTO L’ITALIA (EDIZIONI RAI-ERI 2011)

Presso la mitica biblioteca Papillon di Roma Giuseppe Parlato ha chiuso il ciclo di presentazioni di libri sui 150 anni dell’Unità d’Italia, organizzata dalla Fondazione Ugo Spirito, di cui è presidente, illustrando, sotto i riflettori del TG1 e con la partecipazione di un folto ed attento pubblico il suo volume sui 151 italiani che hanno fatto l’Italia (edizione RAI-ERI).
Egli ha magistralmente delineato un’ideale galleria di personaggi, rappresentanti le eccellenze che, dal 1861 ad oggi, nel bene e nel male, hanno contribuito a creare il nostro Paese.
Nato da una rubrica radiofonica di Radio Uno: “Centocinquanta Italie”, che, nonostante andasse in onda alle 5,23 del mattino, ha avuto un largo seguito, segno che alcune categorie sono mattiniere, dai camionisti ai poliziotti, dagli spazzini alle prostitute.
Trasformato in libro ogni capitolo è stato ampliato.
Si parte da Cavour per arrivare a Napolitano. A seguire una lunga serie di capi di stato e di governo, leader politici e sindacali, premi Nobel, intellettuali, filosofi, romanzieri e poeti, senza naturalmente trascurare attori, registi, uomini dello spettacolo, calciatori, ciclisti, pugili, che hanno riunito per anni l’Italia davanti alla televisione, rappresentando spesso l’unica manifestazione d’amore verso la Patria.
Tanti sono i personaggi poco noti, che pure hanno avuto un ruolo non marginale, come Edoardo Bianchi, inventore della bicicletta moderna o Luigi Vittorio Bertarelli ideatore del Touring club, al fianco di grandi scienziati come Guglielmo Marconi ed Enrico Fermi.
Vi è ricordato Filoteo Alberini, inventore del cinema, che, solo per lungaggini burocratiche nel depositare il brevetto, si vide scippare la sua idea dai fratelli Lumière. E Maria Montessori, l’illustre educatrice, unica donna che ha avuto l’onore di comparire su una banconota.
Sono ricordati tutti i papi incluso Wojtyla, romano di adozione, un burattino: Pinocchio ed una coppia (ci aspetteremmo le Kessler) invece sono gli eroici Falcone e Borsellino.
Tra i tanti nomi ci sono anche celebri assenti come Primo Carnera, che rappresentò per anni all’estero l’immagine dell’italica forza o Livio Berruti, il quale infiammò Roma alle olimpiadi del 1960 con la sua stupenda cavalcata nei 200 metri.
Fra i napoletani si lamenta una dimenticanza di un erudito come Alessandro Cutolo e la sua famosa trasmissione “una risposta per voi” e ben più grave: Eduardo De Filippo, celebre attore e drammaturgo, Achille Lauro, grande armatore e sindaco plebiscitario e Sophia Loren, dalle forme prorompenti, la quale ha esportato nel mondo la bellezza mediterranea ed il cui seno procace ha costituito per generazioni di uomini il porto sicuro da raggiungere per riposare per sempre.
Passando ai contemporanei, intendendo gli italiani attivi nel dopoguerra, voglio ricordare tutti coloro che ho avuto modo di conoscere o di ammirare, partendo da Totò che nel 1954 ebbi modo di applaudire al Metropolitan nella sua ultima rivista Volumineide, a Giovanni Leone, di cui da bambino andavo ad ascoltare arringhe memorabili nell’aula della Corte d’Assise ricavata dalla sala capitolare del convento dei Domenicani, a Giulio Andreotti, appassionato bibliofilo, di cui conservo gelosamente un libro con dedica, a Renzo Arbore ospite della mia villa di Ischia, a Mike Bongiorno che nel 1972 ho conosciuto quando partecipai alla sua trasmissione Rischiatutto, occasione unica per contemplare il corpo statuario di Sabina Ciuffini), Bruno Vespa, di cui presentai un libro in una rassegna letteraria ad Ischia, per chiudere in gloria con il presidente Napolitano, che nel 2003 ebbi l’onore d’invitare ad un convegno da me organizzato all’Istituto degli studi filosofici sul tema: “Napoli capitale del Mediterraneo”.
Per concludere: un libro agile che si legge di un fiato, ottimo da portare sotto l’ombrellone per celebrare degnamente, fra una nuotata ed uno sguardo a qualche topless di passaggio, i 151 personaggi che hanno fatto l’Italia.

sabato 30 giugno 2012

Scacchi a Rebibbia


Achille della Ragione über alles

gli scacchisti: Kusturica e della Ragione

Un torneo autogestito si è svolto nel carcere di Rebibbia con la partecipazione dei una quindicina di detenuti. Vincitore a punteggio pieno è risultato il maestro napoletano Achille della Ragione davanti al maestro internazionale albanese Kusturica (foto). Il giorno successivo in una grande simultanea il vincitore ha sfidato tutti i partecipanti, battendoli di nuovo tutti. Per l’autunno si prevede l’organizzazione di un corso di scacchi, per permettere a tutti di conoscere ed apprezzare questa nobile attività agonistica, che, oltre a tenere in esercizio l’intelligenza e la memoria, insegna la correttezza, per cui è stata giustamente denominata “Il gioco dei re ed il re dei giochi”.

Lorenzo Mazza