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domenica 12 aprile 2015
Delibera della Giunta Regionale n. 669 del 23/12/2014
Oggetto dell'Atto:
RISCHIO VULCANICO IN AREA FLEGREA. DELIMITAZIONE DELLA ZONA ROSSA.
PRESA D'ATTO DELLE PROPOSTE COMUNALI.
delibera in PDF
mercoledì 18 marzo 2015
visite scolastiche alla Solfatara di Pozzuoli
Aiutare i nostri ragazzi a crescere umanamente e culturalmente è un preciso dovere e un compito affidato tanto ai genitori quanto agli insegnanti ed educatori nelle scuole.
La crescita culturale degli allievi può essere aiutata attraverso esperienze dirette sul campo; è per questo motivo che in Solfatara sono state istituite specifiche visite guidate riservate proprio alle scuole che consentono di esplorare il millenario vulcano ancora attivo avvicinando i punti di maggior interesse e facendo esperimenti di carattere scientifico avvalendosi delle preziose e puntuali spiegazioni offerte dalle esperte guide.
Ogni Scuola di ordine e grado, in Italia e all'Estero, può programmare un' esperienza sul campo in Solfatara programmando una visita scolastica guidata.
giovedì 26 febbraio 2015
Vulcano Solfatara
Il Vulcano Solfatara di Pozzuoli è una grande palestra scientifica all'aria aperta e consente di poter osservare da vicino tantissimi fenomeni di grande interesse.
La Solfatara è un luogo unico al mondo e la programmazione di una visita scolastica è senz'altro una di quelle esperienze che consente, tanto agli allievi quanto agli insegnanti, di poter raccogliere diversi spunti di discussione da approfondire successivamente in classe. Ma è anche possibile il discorso inverso, ossia venire a vedere dal vivo quei fenomeni che vengono di norma studiati in classe.
In entrambi i casi è sempre grande la meraviglia che accompagna il percorso guidato di scoperta e ancor più grande il tesoro di esperienze che ciascuno porterà via con se al termine della visita.
Maggiori informazioni sulle visite scolastiche guidate in Solfatara:
Telefono: 081 5262341
Mail: scuole@solfatara.it
Vi aspettiamo in Solfatara!
venerdì 20 febbraio 2015
Gita a due passi da Napoli
Sentiamo spesso dire che siamo un popolo esterofilo, che ad ogni occasione possibile preferiamo recarci in vacanza fuori dai confini nazionali e spesso non sappiamo di avere dei grandi tesori sotto casa che nemmeno conosciamo, o dei quali conosciamo l' esistenza ma che comunque non visitiamo, per qualche strano motivo.
Ebbene, purtroppo, tutto ciò ha dei grandi fondamenti ed è spesso vero!
In Italia è concentrata la più alta percentuale di beni artistici, storici e di bellezze naturalistiche dell' intero Pianeta.
Ci farebbe davvero bene se riuscissimo a dedicare, almeno nei fine settimana, un pizzico del nostro tempo, per esplorarne qualcuno.
Non possiamo che invitarvi, a visitare il Vulcano Solfatara, un millenario vulcano ancora attivo pressoché unico nel suo genere, situato nei Campi Flegrei, a due passi da Pozzuoli, da un lato, è da Napoli, dall'altro, facile da raggiungere, magnifico quando lo si visita percorrendo il bel sentiero nel bosco o raggiungendo i tanti punti di interesse situati nel' ampio cratere.
giovedì 29 gennaio 2015
turismo scolastico al Vulcano Solfatara di Pozzuoli (na)
Alberto Angela con due delle guide della Solfatara |
Storia, geografia, geologia, chimica, fisica, biologia, condensate all'interno di un millenario vulcano ancora attivo e di un' area naturalistica di impareggiabile bellezza. E' davvero un mix di elementi straordinario per una scolaresca in visita.
Le Scuole, di ogni ordine e grado, possono organizzare una visita guidata al cratere della Solfatara ed offrire così ai propri alunni un'occasione unica di arricchimento culturale. I ragazzi avranno la possibilità di trascorrere alcune piacevoli ore tra svago e relax ma imparando nel contempo moltissime cose nuove o verificando nella realtà ciò che hanno già studiato in classe.
Garantiamo, inoltre, che sarà una bella e indimenticabile esperienza anche per insegnanti e accompagnatori!
Qualche notizia in più:
La tariffa per l' anno 2015 è di euro 4,50 per studente.
L’ingresso per i professori e gli accompagnatori è gratuito nella misura di una persona ogni 10 studenti.
Lungo il percorso: Area picnic con Parco giochi. Tavoli e panche nel bosco di querce per consumare il picnic o il pranzo. Bar, spaccio alimentari, negozio souvenirs. Piatti caldi da asporto.
Esiste un presidio interno di Guide autorizzate al costo di Euro 2,00 per studente con una gratuità per i professori e gli accompagnatori ogni 10 studenti;
È possibile prenotare una lezione nel Laboratorio didattico di vulcanologia e archeologia all’interno di una antica struttura industriale del Vulcano Solfatara, a cura dell’associazione “Il Portale dei Parchi”.
mercoledì 10 dicembre 2014
Trip Advisor
Il vulcano solfatara di Pozzuoli, in base alle buone recensioni dei visitatori, ha ottenuto il certificato di Eccellenza Trip Advisor per il 2014,
Per una visita guidata nel cratere www.solfatara.guide
domenica 7 dicembre 2014
mercoledì 24 settembre 2014
Solfatara di Pozzuoli
La Solfatara di Pozzuoli è uno dei quaranta vulcani che costituiscono i Campi Flegrei zona a nord di Napoli.
Si tratta del cratere di un antico vulcano in fase quiescaente, in cui permangono fumarole d'anidride solforosa, micro fratture del terreno, getti di fango bollente ed un'elevata temperatura del suolo. (Formazioni analoghe si rinvengono anche in altre regioni vulcaniche del mondo e hanno preso dalla Solfatara di Pozzuoli il nome generico di solfatare.)
L'ultima eruzione della Solfatara risalirebbe al 1198. A seguito delle crisi bradisismiche del 1970-1972 e 1982-1984, l’attività della Solfatara - che rappresenta un certo pericolo per le circostanti aree urbanizzate - è sorvegliata da una rete di strumenti, che fanno del vulcano un laboratorio naturale di studi geologici.
Localizzazione e misure - La Solfatara è un vulcano situato grossomodo al centro del cratere originario dei Campi Flegrei (formato dalla collina di Posillipo, dei Camaldoli, della dorsale settentrionale di Quarto, dei monti Sanseverino, dell'acropoli di Cuma, e da Monte di Procida) che ha un diametro di Km 15 ed è datato fra i 35.000 e i 10.500 anni fa.
La Solfatara si colloca nel III Periodo Eruttivo Flegreo, e la sua formazione è avvenuta 3.700-3.900 anni fa.
Alta m 98, il suo fondo è posto a quota m 92 s.l.m.; ha forma ellittica, con diametri di m 770 e m 580; il suo perimetro superiore è di Km 2,300.
Caratteristiche - Attualmente la Solfatara è un vulcano allo stato quiescente, tipico esempio di vulcano in fase solfatarica, noto per le sue fumarole (emissioni di vapore acqueo, di vapori sulfurei, di anidride solforosa che depositano zolfo, solfuri, arseniuri, ecc.); le mofete (emissioni di anidride carbonica); le sorgenti di acque minerali; ed infine i getti di fango bollente che formano i caratteristici piccoli vulcanetti di fango. E’ inoltre responsabile del fenomeno del bradisismo, il ciclico innalzamento o abbassamento del suolo riscontrabile in tutta l’area flegrea e nel golfo di Pozzuoli.
La caldera si presenta come una spianata bianca, colorazione dovuta primariamente alla presenza di caolino, formatosi in seguito ad un fenomeno di caolinizzazione dei feldspati, per il quale le rocce vulcaniche, sotto l’azione di esalazioni fumaroliche, si trasformano in caolino; esso viene detto anche "bianchetto", in quanto ampiamente usato per realizzare un mastice molto diffuso a Napoli. La caldera del tutto arida e 2 priva di vegetazione, corrisponde ad un lago di fango bollente che si è andato prosciugando fra il 1500 ed il 1770.
Quando si colpisce il fondo della spianata (con un masso o facendo un salto), si sente un impressionante rimbombo come se poco al di sotto ci fosse un’ampia cavità; in realtà questo vuoto non esiste affatto, essendoci invece a m 10 di profondità uno strato molto duro e difficile da perforare; il fenomeno in effetti è dovuto unicamente alla disgregazione di rocce e sedimenti operata da gas e vapori.
Le pareti del vulcano sono costituite principalmente da piroclastiti recenti, incoerenti, oltre che da tufi e masse di trachite. La massa maggiore si innalza a sud, corrispondente al duomo trachitico del Monte Olibano. La Solfatara è l'unico vulcano dei Campi Flegrei che presenta una colata lavica; essa trovò sbocco verso il mare. Attualmente in cima a questo flusso è situata l’Accademia Aeronautica.
I Pisciarelli - Fa parte della Solfatara, benché si ponga al di fuori di essa, la sorgente alluminifera dei Pisciarelli, situata sulla sua pendice esterna nel cratere di Agnano. La pendice esterna viene chiamata Monti Leucogei per il colore biancastro dovuto al caolino. Presso la sorgente dei Pisciarelli si sente un rumore come di acqua in ebollizione, dovuto all’acido carbonico che vi si sprigiona.
sabato 16 agosto 2014
Solfatara di Pozzuoli
La solfatara è una tipologia di vulcano costituita da un campo fumaiolico e caratterizzata dall'emissione di vapori e gas sulfurei.
La Solfatara di Pozzuoli (Napoli) è sicuramente quella più conosciuta nella nostra Penisola. Si tratta di uno dei 40 vulcani che caratterizzano la zona dei Campi Flegrei e che al momento è in uno stato di quiescenza.
La Solfatara di Pozzuoli altro non è che una valvola di sfogo dell'enorme massa di magma sottorreanea. Fumarole sulfuree e getti di fango costituiscono la principale attività del grande cratere di forma ellittica.
La fumarola maggiore è chiamata Bocca grande ed è caratterizzata dal forte odore di zolfo e dalla fuoriuscita di vapore che può raggiungere anche i 160°C.
La solfatara si è formata circa 3.900 anni fa e già all'epoca dell'impero romano era molto nota e sfruttata per l'estrazione dell'allume e del bianchetto (che allora era utilizzato come stucco). A partire dal XVIII secolo, invece, le acque e i fanghi sulfurei della solfatara vennero sfruttati soprattutto per le loro proprietà medicamentose tant'è che vi fu costruito un impianto termale.
martedì 17 giugno 2014
vulcano solfatara di Pozzuoli
la Solfatara di Pozzuoli era nota già dai tempi dei Romani che lo chiamavano Forum Vulcani o ingresso per gli Inferi e che già in epoca imperiale apprezzavano il vulcano e la zona tanto da costruire bellissime ville e splendide città.
La solfatara attualmente è un parco di 33 ettari. Caso unico per un vulcano la zona, nei pressi di Napoli, è facilmente raggiungibile anche con i mezzi pubblici, e la visita del cratere è agevole, adatta anche ai bambini ed ai disabili.
La solfatara attualmente è un parco di 33 ettari. Caso unico per un vulcano la zona, nei pressi di Napoli, è facilmente raggiungibile anche con i mezzi pubblici, e la visita del cratere è agevole, adatta anche ai bambini ed ai disabili.
Nella visita guidata del cratere sono previsti diversi percorsi ma di sicuro faranno vedere i due fenomeni più famosi che sono la condensazione del vapore acqueo, e il rimbombo del suolo.
Il primo è quello più appariscente alla Solfatara, che avviene avvicinando ad una fumarola una fiamma: i vapori progressivamente diventano più intensi e pian piano si arriva alla “condensazione” del vapore.
Il rimbombo del suolo si nota in alcuni punti del cratere dove la guida lancia sasso al suolo da una piccola altezza e si sente un “rimbombo” molto forte che da l’impressione di essere su una grande caverna sotterranee: ma si tratta solo di piccole cavità prodotte dai gas su un terreno di natura porosa.
Il primo è quello più appariscente alla Solfatara, che avviene avvicinando ad una fumarola una fiamma: i vapori progressivamente diventano più intensi e pian piano si arriva alla “condensazione” del vapore.
Il rimbombo del suolo si nota in alcuni punti del cratere dove la guida lancia sasso al suolo da una piccola altezza e si sente un “rimbombo” molto forte che da l’impressione di essere su una grande caverna sotterranee: ma si tratta solo di piccole cavità prodotte dai gas su un terreno di natura porosa.
martedì 20 agosto 2013
Bagnoli grida vendetta
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panorama di Bagnoli |
L’Italsider era la punta di diamante della siderurgia italiana e fu l’artefice della creazione di una classe operaia consapevole dei propri diritti, per trasformarsi, crollato il mercato, in una rocca forte comunista, che, mentre la flotta di Achille Lauro affondava, nell’indifferenza delle banche, ha divorato migliaia di miliardi dallo Stato, ha inquinato terra, mare e cielo, per divenire poi quel mostro ecologico inamovibile, per il disaccordo della classe dirigente, precludendo ogni progetto di rinascita della città, mentre potrebbe sorgere il più grande porto turistico del mediterraneo, con alle spalle alberghi di lusso, mentre Nisida potrebbe ospitare un casinò, attirando così una ricca clientela internazionale e producendo a pioggia benessere e migliaia di posti di lavoro.
Le tracce imbarazzanti di cento anni di fornace non sono concentrate unicamente in ciò che rimane delle fabbriche abbandonate, un totem disperato, come il braccio della statua della libertà che emerge allucinato dalla terra, come nel finale del celeberrimo “Il pianeta delle scimmie” e che solo un pazzo potrebbe ipotizzare di trasformare in un museo di archeologia industriale, ma le stigmate più velenose emergono dalla sabbia: amianto, arsenico, piombo, zinco, sostanze che evocano neoplasie, dermatosi, broncopatie. Scarti di antiche produzioni che richiedono una lunga e costosa bonifica di cui non si parla, pensando di poter ignorare il problema.
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industrie dismesse |
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degrado in spiaggia |
Bagnoli è ancora viva e vitale, grazie a questi giovani e vuole mostrare con furore la sua disprezzata bellezza, costituita da spazi, panorami, facili vie d’accesso, ristoranti che a buon prezzo forniscono piatti di pesce fresco. Un luogo pieno di mare, di sole e di notti brave, a pochi minuti dal centro, asfissiato dai gas di scarico delle auto.
Vi è poi uno straordinario pontile, approdo un tempo di navi gigantesche, che protrude come artiglio sul mare e permette indimenticabili passeggiate con l’illusione di poter raggiungere a piedi le isole del golfo.
Dai giovani viene la vita, dai giovani promana la speranza che in futuro a Bagnoli possa essere restituita ai fasti del passato, producendo benessere fisico e spirituale e soldi tanti soldi.
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pontile nord |
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pontile nord |
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l'arenile di Bagnoli |
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l'arenile di Bagnoli |
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movida notturna a Bagnoli |
lunedì 22 luglio 2013
I BASSI E L’ECONONOMIA DEL VICOLO
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1-vico Panettieri |
Il basso, “vascio” in vernacolo, è una piccola abitazione a pian terreno che si affaccia sulla strada, icona dell’atavica miseria degli strati sociali più emarginati della città, luogo di confine dove pubblico e privato si confondono, intreccio di vivacità e disagio esistenziale, gioia e dolore.
I bassi hanno una lunga storia che affonda le proprie origini nel medioevo.
Nel corso dei secoli questi luoghi sono stati teatro di tragici avvenimenti della storia di Napoli, come le numerose epidemie di peste e colera, causate dalle precarie condizioni igieniche.
Evacuati e sbarrati durante il fascismo, furono di nuovo occupati durante la guerra ed ancora oggi sono presenti, non solo nel centro antico, ma anche in quartieri popolari di recente costruzione.
Vicoli e vicarielli costituiscono da sempre il cuore pulsante della città, paradigma della cultura in plein air radicata nell’anima popolare dei napoletani, con panni stesi ad asciugare al sole tra edicole di santi ubiquitarie.
Matilde Serao li definiva “case in cui si cucina in uno stambugio, si mangia nella stanza da letto, mentre altri dormono; case in cui sottoscala, pure abitati da gente umana, rassomigliano agli antichi, ora aboliti, carceri criminali della Vicaria”.
Eduardo, nelle sue tragiche commedie ambientate tra i bassi dei Vergini, di Forcella, del Pallonetto, li descrive come tuguri dove il sole appena trapela, abitati da molti che non hanno mai visto il mare, con il sottosuolo invaso dalle acque putride delle fogne e strade invase già alle cinque del mattino da una torma di scugnizzi alla ricerca di aria, luce, spazio vitale.
Nel dopoguerra, la caustica penna di Malaparte lo trasforma in un luogo da tragedia greca con esalazioni mefitiche che emanano in egual misura da osterie e friggitorie e dagli orinatoi annidati in ogni angolo dei quartieri, un lezzo nauseante tra cacio di pecora e pesce putrefatto.
La nascita del basso si perde nella notte dei tempi: li descrivono Boccaccio, Masuccio Salernitano e lo stesso Basile nel “Pentamerone”, ma solo nell’ottocento diviene il palcoscenico di tanti romanzi, da Mastriani fino alla Jessie White Mario, al Villari, a Rea, a Marotta.
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2-via Anticaglia |
3-Via Montecalvario |
Nei secoli, dal buio dei vicoli, sono scoppiate le più svariate epidemie, non solo peste e colera, ma anche vaiolo, tifo, poliomelite, epatite e salmonellosi, sempre tra luglio ed agosto quando il caldo soffocante ringalluzzisce virus e batteri.
Anche dopo l’unità d’Italia vi furono devastanti epidemie di colera fino a quella famigerata del 1884, che indusse il governo a sventrare il centro antico. Sotto il piccone risanatore caddero fondaci e bassi ma anche decine di chiese, inclusi dipinti ed arredi sacri.
Solo durante il fascismo, che chiuse tutti i bassi, vibrioni e simili ebbero una sosta ma fu il tifo petecchiale a divampare nel periodo d’occupazione alleata: per debellarlo, gli americani somministrarono ai napoletani, disposti pazientemente in file ordinate, generose dosi di DDT su capelli ed abiti.
Ultimo, ma solo in ordine di tempo, il colera del 1973, un primato di cui vergognarsi ora che crediamo di vivere in Europa.
Quanti sono attualmente i bassi?
Nel 1881 erano più di ventimila e vi abitavano 100.000 napoletani, nel 1911 erano saliti a 40.000, nel 1931 erano ancora aumentati di numero ed ospitavano ben 220.000 corpi di tutte le età. Alla fine degli anni cinquanta erano arrivati a quota 65.000, attualmente non sono meno di 40.000.
Oggi vi si trova costantemente il televisore a colori, il frigorifero, la lavatrice ma il degrado fisico e morale è sempre molto alto.
Il sostanziale cambiamento è avvenuto sotto il profilo sociale.
Vi sono sempre tanti napoletani ma in alcuni quartieri i nuovi abitanti sono extracomunitari, che tendono a suddividersi per nazionalità ed oramai in alcune zone della città si parlano solo idiomi alieni.
Questa variazione antropologica ha mutato radicalmente anche l’economia del vicolo, accompagnata dalla scomparsa di tanti mestieri tradizionali che davano luogo ad un microcosmo autonomo ed autosufficiente.
Figure di ambulanti come il cenciaiolo, il mozzonaro, la balia, la levatrice la lavandaia, l’ovaiola vivono ormai solo nei dipinti dell’Altamura e dei Palizzi, che li hanno immortalati.
Le lavandaie che provenivano quasi tutte dal Vomero, ricco all’epoca di ruscelli, sono state soppiantate dalle onnipresenti lavatrici.
Le serve, oggi, sono tutte extracomunitarie, spesso ammantate nei loro variopinti costumi.
Le capère hanno trovato nei negozi di parrucchiere un ostacolo insormontabile.
Ma la vittima più illustre della radio e della televisione è stato il cantastorie. Alcuni scrittori ce lo descrivono con un frac d’annata e gli occhi spiritati mentre declama episodi dei poemi più famosi e storie fantasiose di vita vissuta.
Gli ultimi che ancora fanno qualche sporadica apparizione sono i burattinai, eredi dei mitici pupari.
Tanti mestieri scomparsi, che riuscivano a far campare ed oggi infoltiscono tristemente le legioni sempre più numerose di disoccupati e precari.
4-via Pasquale Scura |
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5-disinfezione con DDT |
sabato 11 maggio 2013
Un grande progetto per rilanciare la Campania
L’ultima speranza per Napoli e la Campania di invertire il senso di marcia che ci sta conducendo verso il baratro e proiettarsi verso il futuro è legata ai 19 progetti finanziati con 5 miliardi, il cui scopo è far decollare ambiente, infrastrutture, turismo e banda larga per internet.
Le risorse, in passato diluite in mille rivoli, saranno concentrate unicamente su grandi assi strategici.
Come giustamente è stato definito dal governatore Stefano Caldoro, si tratta di un “Piano Marshall” per la nostra regione.
Le opere più qualificanti sono il completamento della linea 6, che unirà in pochi minuti la Mostra d’Oltremare con Piazza Municipio; la realizzazione della tratta del metrò, che collegherà Piscinola e Secondigliano con Capodichino, creando un anello ferroviario completo con la linea 2, che quanto prima raggiungerà Piazza Garibaldi e, con altre fermate, il Centro Direzionale, il Tribunale, Poggioreale e l’Aeroporto di Capodichino; la riqualificazione ed il disinquinamento del fiume Sarno, cui è collegato il risanamento ambientale dei laghi dei Campi Flegrei e dei Regi Lagni, con l’obiettivo di far ottenere la bandiera blu al litorale domizio, ed infine la costruzione del Polo Fieristico Regionale con strutture congressuali a livello internazionale, che avrà come fiore all’occhiello la Mostra d’Oltremare, dove dovrebbe svolgersi il famigerato Forum delle Culture, del quale, fino ad ora, molto si è parlato, ma non se ne è ancora stabilita la data.
In ambito portuale, lo scalo marittimo napoletano, attraverso nuove infrastrutture al servizio delle imprese e con fondali adeguati all’attracco delle supernavi da crociera e mercantili, incrementerà il traffico merci e passeggeri, mentre il porto di Salerno punterà sull’approdo delle meganavi da crociera e sul movimento dei containers che trasportano principalmente automobili.
Con internet superveloce, grazie alla diffusione della banda larga in tutti i comuni della regione, si colmerà il gap digitale che permetterà ai cittadini un più semplice accesso ai servizi ed alle imprese di svilupparsi in maniera moderna.
Per la zona di Bagnoli è previsto un grande parco urbano che preservi il ricordo dell’acciaio attraverso la conservazione di esempi di archeologia industriale.
Ma il progetto più affascinante è quello che si propone di far tornare a pulsare vigorosamente il cuore antico di Napoli: dalle porte della città storica ai decumani, il centro diventerà un museo a cielo aperto che attirerà turisti e migliorerà la vivibilità dei residenti, in linea con le direttive dell’Unesco, che da tempo ha posto sotto la sua tutela il centro antico più vissuto e frequentato del mondo.
Utopia o realtà?
Molto dipenderà dall’impegno di tutti i cittadini che saranno arbitri del proprio destino: una gloriosa rinascita o una decadenza inarrestabile.
Il Teatro Margherita e il Cafè-Chantant
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01-manifesto del Salone Margherita |
Possiamo cominciare questo capitolo con la fine della passeggiata per Via Toledo, magistralmente descritta da uno scrittore straniero innamorato di Napoli, la quale costituiva l’antipasto prima del divertimento, che aveva il suo tempio nella Galleria dove si trovavano i più celebri Caffè-Chantant.
Alla fine del percorso possiamo immaginare che stia scendendo la sera, la luce dei lampioni a gas, le insegne dei negozi: si illumina la scena. E possiamo “vedere” la duchessa Caffarelli che passeggia con due gentiluomini, il conte Perrone che esce dalla pasticceria Pintauro, alcune donne che conversano allegramente concedendosi prolungate risate: sono le demi-mondaines, giovani donne che si concedono solo agli uomini facoltosi. Con le loro toilettes, ma più ancora con la loro bellezza, gareggiano con dame aristocratiche. Dai negozi si entra e si esce sorridenti, coppie di innamorati passeggiano scambiandosi sguardi languidi, schiocchi di frusta sollecitano i cavalli. E’ l’ora della vita, è l’ora del cicaleccio, è l’ora dell’amore, è l’ora in cui Toledo offre il gran finale del suo meraviglioso spettacolo. (Alexandre Dumas)
Sul finire del XIX secolo, quando Parigi divenne il simbolo del divertimento e della vita spensierata, i cafè-chantant valicarono le Alpi per essere importati anche in Italia. La novità esplose a Napoli, dove l’epoca d’oro del caffè-concerto coincise con quella della canzone napoletana. Nel 1890per merito dei fratelli Marino, che capirono l’importanza di un’attività commerciale redditizia da unire al fascino della rappresentazione dal vivo, venne infatti inaugurato l’elegante SaloneMargherita, incastonato nella Galleria Umberto I.
L’idea fu vincente e ricalcò totalmente il modello francese, persino nella lingua utilizzata: non solo i cartelloni erano scritti in francese, ma anche i contratti degli artisti e il menu. I camerieri in livrea parlavano sempre in francese, così come gli spettatori: gli artisti, poi, fintamente d’oltralpe, ricalcavano i nomi d’arte in onore ai divi e alle vedettes parigine. E’chiaro come la clientela che affollasse il Salone Margherita non fosse gente del popolino: in ogni caso, per i più disparati gusti, sorsero altri cafè-concert come l’elegante Gambrinus, l’Eden, il Rossini, l’Alambra, l’Eldorado, il Partenope, la Sala Napoli ed altri ancora che ricalcavano spesso, anche nel nome, i cafè-chantant parigini. Anche altri bar di Napoli, che in passato non presentavano spettacoli, si adattarono al gusto del momento presentando numeri di varietà misti a canzoni.
Solitamente gli spettacoli proposti erano presentati in successione, con un intervallo tra primo e secondo tempo del susseguirsi di rappresentazioni. Solo verso la fine del primo tempo qualche personaggio noto appariva in scena ma il clou veniva raggiunto al termine, quando il divo eseguiva il suo numero. Importanti e famosi artisti che iniziarono la loro carriera proprio nei caffè-concerto furono Anna Fougez, Lina Cavalieri, Lydia Johnson, Leopoldo Fregoli, Ettore Petrolini, Raffaele Viviani.
Il cafè-chantant divenne in Italia non solo un luogo ed un genere teatrale, ma anche qui, come in Francia, il simbolo della bella vita e della spensieratezza, nel pieno della coincidenza con la Belle èpoque.
Al successo della canzone napoletana si accompagna la nascita del caffè-chantant con l’inaugurazione del Salone Margherita, una settimana dopo l’apertura della Galleria Umberto I, che in breve diverrà il cuore pulsante della cultura e della mondanità cittadina. Il nuovo locale occuperà gli spazi sotterranei ed ottenne in breve lasso di tempo un successo internazionale, grazie al coraggio imprenditoriale dei fratelli Marino, che sul loro palcoscenico fecero sfilare le più celebri vedettes internazionali, come la Bella Otero o Cleo de Mérode, alle quali si affiancarono non meno brave ed affascinanti prime donne indigene, che, pur sfoggiando modelli e pseudonimi francesi, in onore del paese dove era nato quel tipo di spettacolo, erano originarie del Vasto o del Pallonetto.
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02-Anna Fougez |
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03-Lina Cavalieri |
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04-Bella Otero |
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05-Cléo de Mérode |
Assursero a grande notorietà anche molti comici come Gill, Pasquariello e Maldacea o magnifiche cantanti, tra le quali spiccava il nome di Elvira Donnarumma, la prediletta di Libero Bovio.
Sciantosa deriva dal francese chanteuse che vuol dire cantante, ma anche primadonna, attrazione, fantasia: quella che oggi si definirebbe una star.
Sull’esempio del cafè-chantant di Parigi, negli anni che precedettero la prima guerra mondiale, a Napoli furoreggiò il caffè-concerto, con protagonista, appunto, le sciantose. Per essere il più possibile simili alle colleghe d’oltralpe, le indigene adottavano nomi d’arte francesizzanti e gli autori di canzoni ironizzavano volentieri su questa moda. Nacquero così “A frangesa” di Mario Costa nel 1894, “Lily Kangy” del 1905 (la macchietta di successo di Nicola Maldacea) e infine la famosa “Ninì Tirabusciò”, un nome ed un cognome certo più eleganti di Nina Cavatappi. Questa leggendaria figura fu creata nel 1911 da Califano e Gambardella e negli anni Sessanta il ritornello, che fu il cavallo di battaglia di Gennaro Pasquariello, venne rilanciato in televisione e al cinema da Monica Vitti in veste di sciantosa. In epoca più vicina a noi le gustose tiritere di Ninì Tirabusciò sono state rivisitate da Mirna Doris, autentica vedette dell’avanspettacolo, dalla dosata ironia e dal gustoso piglio popolaresco.
Il successo del cinema fu tale che anche il mitico Salone Margherita fu costretto ad inserire, all’interno della programmazione serale, alcuni minuti di proiezione di un film. Una consuetudine che si ripeterà dopo circa 50 anni con l’avvento della televisione: infatti, a dimostrazione che ogni nuovo mezzo espressivo cerca di scalzare il precedente, il giovedì sera tutti i cinematografi interrompevano la pellicola in corso per permettere al pubblico di seguire la puntata di “Lascia o raddoppia” con un allora giovanissimo, ma già irresistibile, Mike Bongiorno.
Poco tempo dopo l’inaugurazione della Galleria Umberto I, al suo interno fu aperto il Caffè Calzona. Ben presto i napoletani impararono a conoscerlo per le serate di gala e i luculliani banchetti ufficiali che vi si tenevano.
Fu qui che, al ritorno da Parigi, fu festeggiata Matilde Serao per il successo raccolto in terra francese e fu al Calzona che, per la prima volta sul palcoscenico di un Cafè-chantant napoletano, ancor prima che al Salone Margherita, si esibirono le girls. Era la mezzanotte del 31dicembre 1899, quando 12 bellissime ragazze, con il loro balletto, un po’ osè per quei tempi, salutarono l’Ottocento come il secolo d’oro appena concluso e diedero il benvenuto al neonato Novecento.
Ma gli spettacoli di varietà nel Caffè della Galleria non costituivano un avvenimento eccezionale: erano in programma ogni sera. Il piccolo palcoscenico, posto proprio al centro e rivolto verso Via Santa Brigida, fu calcato da personaggi dello spettacolo rimasti famosi, in particolare dalla coppia Scarano-Moretti, cioè il padre e la madre di Tecla Scarano. Gli spettacoli del Calzona avevano tale successo di pubblico che anche i giornali dell’epoca, spesso, ne pubblicavano le recensioni. Di solito, i critici dei quotidiani seguivano solo le prime dei lavori in scena nei numerosissimi teatri napoletani.
Anche il Caffè della Galleria, per i prezzi particolarmente bassi che praticava e per gli spettacoli gratuiti e di buon livello, era divenuto un punto d’incontro tra le classi ricche e quelle meno abbienti. Con la spesa di soli tre soldini si prendeva il caffè seduto al tavolino e si poteva trascorrere l’intera serata a godersi lo spettacolo.
C’era chi, più fortunato, poteva assistere dalle finestre del suo ufficio al primo piano. Era il caso di Matilde Serao che, dalla redazione del Il Giorno, tra uno scritto e l’altro, volgeva volentieri lo sguardo verso il piccolo palcoscenico del Calzona.
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06-Armando Gill |
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07-Gennaro Pasquariello |
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08-Nicola-Maldacea |
Il Caffè, con la sua attività di spettacoli e con il suo pubblico eterogeneo, fornì lo spunto ad una macchietta, inventata dal cronista mondano del Mattino Ugo Ricci. La interpretò l’attore Nicola Maldacea nel vicinissimo Salone Margherita. Nel dialogo si magnificavano le caratteristiche del locale: <In fatto di cafè, presentemente, non v’è di meglio d’ ‘o CafèCalzona…/ Questa è la mia modesta opinione: sempre secondo il mio modo ‘e vedè>.
In realtà qualcosa di meglio doveva esserci se è vero che pian piano il Calzona perse la parte più consistente della sua clientela in favore di altri locali, in particolare, a beneficio dei solitiGambrinus e Salone Margherita.
In questi anni, dopo Ninì Tirabusciò, nata dalla penna prolifica di Aniello Califano, Ferdinando Russo firma il primo fascicolo della Piedigrotta e, grazie alla casa discografica Polyphon, annunzia l’ambizioso progetto di esportare la canzone napoletana in tutto il mondo.
Giungeranno così per i siti più lontani la poetica del nostro animo sognante, l’idea di un mare divino, di un sole ammaliante, della nostre armonie gentili ed accattivanti.
Il fenomeno dei cafè-chantant napoletani fu tale che in breve tempo cominciò ad espandersi nelle altre grandi città italiane. La prima città ad introdurli a sua volta fu Roma. Il perché di tale diffusione non deve stupire: così come a Napoli, anche a Roma, a Catania, a Milano, a Torino ed in molte altre città letterate d’Italia si riunivano spesso, nei bar e nelle trattorie, cantanti e poeti che, nel corso di riunioni semiprivate, si dedicavano al canto ed alla declamazione di poesie. Questa forma artigianale di spettacolo fu il fertile terreno su cui si basò il successo dei caffè-concerto, che negli ultimi anni del 1800 aprirono anche nella Capitale.
Sempre i fratelli Marino, già proprietari del Salone Margherita di Napoli, inaugurarono nella Capitale due nuovi locali: un altro Salone Margherita e, successivamente, il Teatro Sala Umberto. A questi seguirono numerosi altri cafè-chantant dai nomi altisonanti ed esotici (non proprio tutti: il primo caffè-concerto della città, aperto in Via Nazionale, portava il poco allegro nome di “Cassa da morto”).
Vorremmo concludere delineando la figura di Ersilia Sampieri, al secolo Ersilia Amorosi, la prima diva del cafè-chantant.
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09-Elvira Donnarumma |
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10-Libero Bovio |
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11-Ninì Tirabusciò, la donna che inventò la mossa - attrice protagonista Monica Vitti |
Torinese di nascita e napoletana di adozione, usò la sua fama e la sua ricchezza per aiutare i bisognosi. Era orfana dei genitori, che le lasciarono un solo capitale: una prorompente bellezza ed una bella voce. Dopo aver lavorato in una compagnia di bambini, la Lillipuziana, in breve si trovò ad esibire nei locali del lungomare di Marsiglia. A Napoli si trasferì a 17 anni e, con il nome di Piccola Andalusa, si esibiva alla Birreria dell’Incoronata, cantando in napoletano, francese e spagnolo. Divideva il palco con giovani di grande talento come Elvira Donnarumma ed il macchiettista Davide Tatangelo. Alla fine girava col piattino per le offerte, facendo intravedere il seno. Passò poi al Caffè Scotto-Jonno e da lì spiccò il volo per esibirsi nei locali italiani più rinomati con puntate anche all’estero.
Nel 1901, quando i fratelli Marino la scritturarono al Salone Margherita, era già una diva.Vi rimase sei anni, alternando esibizioni a Parigi e Londra, dove venne definita la “Sarah Bernhard del caffè-concerto”, mentre Edoardo Scarfoglio preferiva l’epiteto di “la Fenice della Fenice”.
Gli impresari le misero a disposizione un secondo camerino, dove procurava lavoro, trovava un letto in ospedale, facilitava permessi ed esoneri ai militari: tutto soloper umanità.
Su di lei circolavano svariate leggende: amante di un rampollo di casa Savoia o membro della massoneria.
Di lei si innamorò perdutamente Libero Bovio, che le dedicò una struggente poesia.
Nel 1907 sposò Mister Muscolo, un lottatore acrobata gelosissimo, che le vietò le attività benefiche e la portò in breve alla separazione ed alla solitudine.
A Parigi fece innamorare un petroliere e durante una tournée in Medio Oriente, conquistò un pascià disposto a follie pur di averla nel suo harem.
Resse la scena fino ai 45 anni e piano piano, finiti i risparmi, per sopravvivere si improvvisò chiromante con studio a Roma. Resistette 12 anni, poi finì all’ospizio dove si spense a 78 anni nel 1955.
La sua voce è giunta fino a noi grazie ai dischi della Phonotype, che ci permettono di riascoltare i suoi cavalli di battaglia: “ I te vurrìavasà”, “Voglio siscà” e “Donna Fifì”.
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12-Ferdinando Russo |
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13-Ersilia Sampieri |
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14-il Cafè-chantant in un disegno di F.Galante |
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15-manifesto collezione Mele |
giovedì 21 marzo 2013
Antico splendore ed attuale miseria delle Ville Vesuviane
porto del Granatello e villa d'Elboeuf. |
Il “Miglio d’oro”, per più di un secolo indiscusso protagonista della mondanità napoletana, versa oggi in un vergognoso stato di degrado che grida vendetta.
Delle 31 ville vesuviane censite e tutelate dall’omonimo Istituto, nato allo scopo di salvaguardare l’enorme patrimonio ereditato dall’epoca borbonica, in cui erano molte di più, poche appartengono allo Stato, come il Palazzo Reale di Portici, sede della facoltà di Agraria, e Palazzo Mascabruno, da poco liberato dagli occupanti abusivi, del quale è in corso un parziale recupero, così come per il Galoppatoio Reale, di cui parleremo più avanti.
Sempre a Portici, vi sono Villa Mascolo, restaurata dal Comune, e Palazzo Valle, sede della Polizia Penitenziaria.
Tra quelle private in condizioni di deplorevole abbandono, vi sono Villa Lauro Lancellotti, Villa Zelo e Palazzo Ruffo di Bagnara. Villa d’Elboeuf, ridotta ad un cumulo di macerie, fra poco sarà messa all’asta per la gioia degli speculatori.
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palazzo Mascabruno,galoppatoio reale |
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galoppatoio reale |
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palazzo Lauro Lancellotti |
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palazzo Lauro Lancellotti, dopo crollo facciata |
Tutto nacque proprio da questa villa, quando nel 1711 il Principe d’Elboeuf ordinò ad uno dei massimi architetti del tempo, Ferdinando Sanfelice, di costruirgli una dimora “la più sfarzosa possibile”, su una superficie di oltre 40.000 metri quadrati, protesi sul mare, dotati di spiaggia privata, da cui si poteva ammirare estasiati l’intero arco del golfo.
Proprio affianco, re Carlo di Borbone costruì la sua reggia estiva e poco dopo nel 1839, re Ferdinando II inaugurò la ferrovia Napoli-Portici, seconda al mondo e prima in Italia.
Il Principe d’Elboeuf arredò la villa con tantissime statue e reperti archeologici provenienti dagli scavi di Ercolano tanto da dare l’impressione a re Carlo ed a sua moglie Amalia di Sassonia, ospiti del nobile dopo essere stati sorpresi da un fortunale durante una gita in battello, di trovarsi in un vero e proprio museo.
Tutti i nobili napoletani, pur di abitare nei mesi caldi accanto al loro sovrano edinvitarlo alle loro feste, intrapresero la costruzione di ben 121 ville, circondate da giardini lussureggianti, commissionandole a grandi architetti che, da Luigi Vanvitelli a Ferdinando Fuga, da Domenico Vaccaro a Ferdinando Sanfelice, si sbizzarrirono in un estroso roccocò.
Mentre le ville più celebri cadono a pezzi, alcune strutture sono oggetto di un tentativo di recupero: Villa Matarazzo si trasformerà in un auditorium con vista sugli scavi di Ercolano ed il terreno circostante sarà occupato da uno stadio di 10.000 posti in grado di ospitare partite di serie B; la Reggia della Favorita sarà convertita in un polo culturale delle arti ed i cinque ettari di vigneto contigui, attualmente abbandonati, diventeranno un’azienda vinicola.
Ma il recupero più grandioso sarà quello del Galoppatoio Reale, realizzato nel ‘700 da Carlo di Borbone per consentire alla cavalleria reale di allenarsi al coperto d’inverno.
Portici come Vienna, che a Hofstallgehaude vanta l’unico maneggio equestre esistente in Europa.
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palazzo Ruffo di Bagnara |
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villa d'Elboeuf |
villa d'Elboeuf |
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villa d'Elboeuf |
interno villa d'Elboeuf |
interno villa d'Elboeuf |
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villa Matarazzo |
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