Personalmente credo che abbia senso aiutarlo se sta vivendo una sofferenza che non è in grado di tollerare e che non ha uno scopo evolutivo: si tratta della differenza tra una frustrazione occasionale, che aiuta a crescere, e una deprivazione affettiva costante.
Un altro aspetto fondamentale riguarda la complessità dei fattori in gioco: quando sono molti e si influenzano a vicenda non è facile per un bambino - e chi se ne prende cura - identificarli tutti e capire da quali partire.
L'ambiente, la percezione, la frequenza (o assenza) degli stimoli, l'integrazione sensomotoria, le rappresentazioni mentali, la modulazione delle risposte, la padronanza psico-fisica, le emozioni, gli stili relazionali, gli schemi di pensiero, i processi decisionali, sono tutti fattori che possono giocare un ruolo determinante nel benessere o malessere di un bambino.
Le modalità in cui si presentano e vengono esperiti possono dare luogo a diverse combinazioni che poi si possono manifestare in diverse forme (ansia, disturbi dell'apprendimento, iperattività, chiusura relazionale, ADHD, disturbi alimentari, ecc.).
Il nostro scopo come professionisti deve essere: capire bene, mappare tutti i fattori in gioco e individuare le strategie specifiche per riportare in fisiologia tutti gli aspetti e le relative dinamiche causa-effetto.
Psicologo e Psicoterapeuta Virginia d'Angelo