giovedì 8 agosto 2013

IL MATEMATICO RETTORE

Guido Trombetti


Guido Trombetti, nato a Napoli nel 1949, è stato allievo di Carlo Miranda.
La sua attività scientifica si è svolta nel settore delle equazioni differenziali. Ospite come relatore in numerose università straniere, è autore di numerose pubblicazioni, alcune in collaborazione con Pierre Louis Lions, celebre matematico francese, vincitore nel 1994 della medaglia Fields.
Dal 1971 ha insegnato presso la facoltà di Scienze Matematiche Fisiche e Naturali dell’Università Federico II per passare poi, ordinario di Analisi Matematica, al corso di laurea in Fisica.
Nel 2003 il Presidente della Repubblica Carlo Azelio Ciampi lo ha premiato con la medaglia d’oro per i Benemeriti della Scuola, della Cultura e dell’Arte.
Cattolico di sinistra, è stato nominato, dal governatore Caldoro, assessore all’Università ed alla Ricerca della Regione Campania, di cui ha assunto anche la vicepresidenza il 15 maggio 2013, sommando tale responsabilità alle precedenti deleghe.
Secondo i commentatori, la nomina di Trombetti, che era stato ritenuto possibile candidato del centrosinistra alle elezioni a Sindaco di Napoli, ha contribuito a creare consensi alla giunta di centrodestra, che, cercando in campo avverso un nome prestigioso per l’affido di un così importante assessorato, ha inteso dimostrare che la scelta è stata fatta in base alle competenze e non al colore politico.
Sono state, però, sollevate alcune critiche alla nomina di Trombetti che è stato accusato di abuso di ufficio dalla Procura di Firenze che lo accusa, insieme ad altri docenti, di aver assegnato cattedre in modo non trasparente: a tale proposito, l’ex rettore si è detto fiducioso nell’operato della magistratura il cui gup ha riconosciuto che, probabilmente, per quanto lo riguarda, le procedure sono state rispettate ma ha reputato, comunque, la necessità del dibattimento, al fine di arrivare ad una verità che eviti ogni spiacevole dubbio.
Trombetti, tifoso sfegatato della squadra del Napoli, è stato mio collega al Liceo Scientifico Galileo Galilei al Vomero, mentre sua sorella, per qualche mese, è stata mia compagna di banco in seconda classe, frequentata da ripetente fino al mese di marzo. Ritiratomi, sostenni a giugno, da privatista, l’esame d’ammissione alla quarta classe. 
La riuscita impresa mi permise di raggiungere di nuovo i miei vecchi compagni di classe per la gioia di questi ultimi e lo stupore dei professori.

Guido Trombetti


Lettera Aperta alla giornalista e scrittrice Natalia Aspesi

Natalia Aspesi


Gentile Signora Aspesi,
siamo tre componenti della grande famiglia di Achille della Ragione e vorremmo far conoscere a Lei ed ai suoi lettori questo personaggio unico. Trascurando la sua intelligenza e cultura fuori dal comune, vorremmo sottolineare la sua bontà: sempre sorridente e pronto ad aiutare chiunque, divide il suo pane con gli uccelli ed il suo vitto con i gatti.
Umile con i deboli, autoritario con i forti come quando, nel ricevere il ministro della salute, espose senza remore la disastrosa gestione della sanità penitenziaria.
Ha scritto, tra i tanti, un bellissimo libro: Favole da Rebibbia, nel quale espone ai bambini ed agli adulti la realtà della vita in carcere, devolvendo l’incasso delle vendite ai bambini fino a tre anni costretti a vivere con le mamme dietro le sbarre.
Tutti lo rispettano, dal direttore all’ultima guardia penitenziaria e quando uscì per presentare un suo libro, l’ispettore capo, che lo accompagnò, esordì “per noi è un onore ospitare un tale personaggio”.
Ha salvato la vita a due detenuti, ad uno dei quali, pur sapendo che fosse affetto da aids, in fase terminale, ha praticato la respirazione bocca a bocca, lo stesso bacio della vita che ha elargito ad un cane intirizzito dalla neve.
Quando tornerà all’altra sua famiglia, che lo aspetta fuori da queste tristi mura, saremo tutti contenti ma ci sentiremo più poveri e più soli

Mohamed Torkey
Pasquale Gissi
Tonino Vicedomin

martedì 6 agosto 2013

IL SEGUACE DI WRIGHT

Aldo Loris Rossi,

Aldo Loris Rossi, nato a Bisaccia (Avellino) nel 1933, è un famoso architetto a livello nazionale, autore di numerose opere di grande rilevanza e docente di Progettazione Architettonica alla Facoltà d’Architettura dell’Università Federico II di Napoli.
Il suo lavoro ha seguito il cammino dell’Architettura organica di Wright ma non ha tralasciato altre fonti d’ispirazione come l’espressionismo, il futurismo, il neoplasticismo, il costruttivismo, sempre, comunque, in stretto connubio con i temi del Movimento Moderno, all’interno di quei variegati sviluppi del Razionalismo Italiano. 
La sua architettura è tra le più originali nel contesto contemporaneo e  si realizza attraverso l’articolazione dei volumi intorno ad un nucleo centrale che vengono quasi esplosi all’esterno come da una forza centrifuga, seppur all’interno di un rigoroso controllo geometrico e strutturale.
Fin dalle prime opere Aldo Loris Rossi dimostra di aver compreso pienamente la lezione di Wright, senza accontentarsi, però, di facili manierismi.
Concentrando l’attenzione sull’opera più matura e più visionaria del maestro americano, senza trascurare gli apporti delle altre avanguardie prima ricordate, elabora uno stile fra i più originali dell’intero panorama architettonico contemporaneo, basato sull’esplosione controllata della scatola edilizia e sullo sviluppo centrifugo delle costruzioni a partire da un nucleo resistente centrale, mediante matrici geometriche generalmente circolari.
Nel corso della sua carriera l’architetto si è mosso fra tre grandi temi senza separarli mai completamente: l’utopia radicale delle macrostrutture, l’attenzione alla dimensione territoriale e paesaggistica, la concretezza realizzativa in contesti anche storici.
La sua ricerca, protesa verso il futuro, privilegiando l’aspetto dionisiaco dell’iter progettuale ed assegnando gli unici ruoli di protagonisti allo spazio ed alla vita che in esso si svolge, lo ha posto in una condizione d’isolamento rispetto all’ambiente accademico ancora legato al trilite, al telaio, alla griglia ortogonale, al mimetismo storicistico, al facciatismo, allo spazio statico e normato, insomma alle forme ipocrite del razional-classicismo ed a quelle inumane del razional-funzionalismo.

edificio di via San Giacomo, Napoli

Tra le sue opere principali ricordiamo: 
Edificio residenziale in via San Giacomo dei Capri, Napoli;               
Complesso parrocchiale di Santa Maria della Libera, Portici (Napoli);       
Casa dei lavoratori portuali, Napoli;                                                    
Complesso residenziale Piazza Grande, Napoli;                                             
Piano urbanistico ed edifici a Bisaccia, Avellino;                                     
Stazione di Moregine della Circumvesuviana a Castellammare di Stabia.   
I lavori di Aldo Loris Rossi sono ricordati nei seguenti volumi:                         
V. Gregotti: Orientamenti nuovi nell’architettura italiana, Electa, Milano, 1969                                               G. Dorfles: L’architettura moderna, Garzanti, Milano, 1972                             
R. Banham: Age of Masters, Architectural Press, Tonbridge, 1975                  
C. De Seta: L’Architettura del Novecento, Utet, Torino, 1981              
G.Dorfles: Architetture ambigue. Dal neobarocco al postmoderno, Dedalo, Bari, 1984                                 R. De Fusco: Storia dell’architettura contemporanea, Laterza, Bari, 1988 S.Polano: 
Guida all’architettura italiana del Novecento, Electa, Milano,         
B. Zevi: Sterzate architettoniche. Conflitti e polemiche degli anni Settanta-Novanta, Dedalo, Bari 1992         R. De Fusco, Napoli nel Novecento, Electa, Milano, 1994                                 
P. Belfiore, B. Gravagnuolo: Napoli, Architettura e urbanistica del ‘900, Laterza, Bari, 1994                         A. B. Oliva: Lezioni di anatomia. Il corpo dell’arte, Ed. Kappa, Roma, 1996                                                 B. Zevi: Storia e controstoria dell’architettura in Italia, Newton&Compton, Roma, 1996                               L. Prestinenza Puglisi: This is Tomorrow, Testo&Immagine, Torino, 1999
Per conoscere la sua opera il miglior testo è:                                             
Massimo Locci: Aldo Loris Rossi, la concretezza dell’utopia, Testo&Immagine, Torino, 1997
Loris Rossi, come tanti celebri architetti napoletani, quali Giulio Pane, Benedetto Gravagnuolo, Cesare De Seta, è stato ospite come relatore nel salotto culturale di mia moglie Elvira ma in quell’occasione il discorso fu incentrato sull’assetto urbanistico di Napoli e sul futuro della città. Non circolarono i concetti complessi che abbiamo esposto in precedenza ma vi fu un dibattito molto acceso con il pubblico, che fece numerose domande.
Vogliamo concludere ricordando l’impegno politico dell’architetto al fianco dei radicali durato oltre un decennio.
complesso residenziale Piazza Grande, Napoli

ARBITER ELEGANTIARUM

Cesare Attolini

Napoli da sempre ha espresso grandi sartorie sia in campo maschile che femminile. 
Nomi come Buonanno, Sarli, Rubinacci  sono noti in tutto il mondo e tra questi Cesare Attolini, oggi ottantenne, può essere considerato, oltre che l’erede di una gloriosa dinastia, un vero e proprio caposcuola.
Nel 1930 il padre di Cesare aveva rotto il dogma dello stile inglese in fatto di giacche, creandone un modello senza imbottiture, leggero come un cardigan e comoda come un guanto, che venne denominata “a mappina”, una novità alla quale si adeguarono in breve tempo tutti i grandi sarti.
Da Attolini si davano appuntamento tutti gli elegantoni della città, nobili più o meno decaduti e molti artisti: Casciaro, Crisconio, Migliaro, De Stefano, che spesso pagavano i vestiti con i loro quadri. Altri clienti di prestigio erano attori, registi e veri titolati: tra questi Totò, De Sica, Mastroianni, Vittorio Emanuele III, il Duca di Windsor.
Attolini ci racconta che ha cominciato  lavorare a 12 anni, imparando a fare “ i punti lenti ” ed a sovraintendere ad un compito ingrato quanto fondamentale: accendere il ferro da stiro.
Da allora non si è mai fermato ed uno degli ultimi clienti è stato Toni Servillo, al quale ha preparato la giacca per impersonare Jep Gambardella nel film cult della stagione “La grande bellezza”.
Di suo padre confida che, quando si ammalò, i clienti fecero la fila fuori al negozio per farsi confezionare l’ultimo vestito. Infine, ama rammentarci la stupenda definizione che Raffaele La Capria riservava al celebre genitore: “Non era il sarto dei re, ma il re dei sarti!”.
Oggi i suoi figli, Massimiliano e Giuseppe, collaborano nell’attività di famiglia ed hanno creato una delle poche aziende del napoletano che esporta ed assume personale.
Nel 1990, dalla sartoria artigianale, hanno creato un’azienda a Casalnuovo, alle porte di Napoli, con un forte investimento nel software ed un ciclo produttivo basato su ago, filo, ditale e forbici. Invariata resta anche la liturgia delle misurazioni. Hanno saputo portare lo stile Attolini ad ogni latitudine, Hong Kong e Corea comprese. Dopo lo store di New York sulla Madison Avenue, ora tocca a Baku ed a Londra, con corner ad Istanbul e Kiev, passando per Los Angeles e Dubai. Tessuti solo inglesi e scozzesi, per l’Italia Loro Piana, un laboratorio con 150 persone che crea ogni anno diecimila capi esclusivi, di cui il 90 per cento destinato all’estero: il 65 per cento della produzione è prèt-à-porter, il restante 35 su misura. 
<< Ogni fase della lavorazione è affidato a specialisti >>, spiega Giuseppe Attolini. 
< < I nostri clienti si chiamano Michael Douglas, Larry Ellison, chairman di Oracle, George Soros, il presidente di At&T Randall Stephenson, Vladimir Putin, Dmitrij Medvedev, Josè Carreras, Al Pacino, Robert De Niro, Dustin Hoffman. E la domanda cresce del 20 per cento l’anno. Nel laboratorio, accanto agli anziani, i giovani imparano il mezzopunto, la tecnica dell’asola ed il fondamentale  passaggio della stiratura. E per carità, mai spacchi laterali sulla giacca >>.


Toni Servillo in La grande bellezza

LO SCRITTORE GIORNALISTA DEL CORPO DI NAPOLI

 
Giuseppe Montesano

Giuseppe Montesano, nato a Napoli nel 1959,  laureato in lettere, vive a Sant’Arpino, in provincia,  ed insegna filosofia nel liceo Cartesio di Giugliano. E’ autore di romanzi ma anche critico letterario, traduttore e giornalista di qualità. Collabora con Il Mattino, Il Messaggero, Il Diario e Lo Straniero con articoli che affrontano la realtà quotidiana con una prosa colta e raffinata.
Ha curato per I Meridiani, con Giovanni Raboni, l’edizione delle opere di  Baudelaire, autore cui ha dedicato anche un romanzo critico.
Ha vinto il Premio Napoli con A capofitto ed il Premio Viareggio con Di questa vita menzognera.
Altri suoi romanzi sono: Nel corpo di Napoli, Magic people, Il ribelle in guanti rosa: Charles Baudelaire.
La prosa di Montesano è pervasa da furore, nichilismo, visione febbricitante. In essa si coglie la disperazione di un sud racchiuso in se stesso,  un pugno pronto a colpire.
Napoli ed il disincanto che la pervade sono le stigmate che segnano il romanzo Di questa vita menzognera tra le cui pagine si ravvisano una penosa lacerazione e la vanità di una caccia alla realtà che si diverte e gioca a nascondino, un tormento interiore, una sete genetica che si percepisce anche in altri libri famosi come Ferito a morte di  La Capria ed Il mare non bagna Napoli della Ortese.
In uno dei più appassionanti capitoli di Nel corpo di Napoli Montesano individua la chiesa del Gesù Nuovo come punto di partenza per un viaggio nel 
sottosuolo della città.  Tale scelta deriva dalla convinzione che quel luogo sia l’anticamera della verità esoterica che sottende da millenni all’anima dei napoletani, una parte dei quali, vera ghenga disperata, ne ingiuria i preziosi marmi del pavimento, facendone l’accesso ad un budello infernale
Ci fornisce, inoltre, immagini raccapriccianti, facendoci sentire il lento scivolare della carriola che trasporta la signora Fulcaniello, una grassona laida e bulimica per la quale il marito, allo scopo di tacitarne la  fame sfrenata, ha preparato un biberon con brodo e polpettine.
Queste descrizioni così crude ed amare della napoletanità hanno spinto parte dei lettori a criticare tali asprezze narrative, sottolineando il vezzo di molti scrittori di evidenziare solo i lati negativi ed i difetti più smaccati della città, senza ricordare che questa terra ha generato nei secoli tanti personaggi tra i   più fecondi che si possano annoverare nel panorama culturale e che anche oggi è costituita da tante persone geniali, entusiaste, dotate di una superba forza d’animo, capaci di qualsiasi sacrificio pur di riportare Napoli al riscatto ed al ruolo che le compete.
Quando lo scrittore venne come relatore, assieme a Silvio Perrella, nel salotto letterario di mia moglie Elvira, si parlò dei suoi due romanzi Nel corpo di Napoli e Di questa vita menzognera. Da parte del pubblico vi furono le stesse reazioni di cui abbiamo parlato prima e vi fu qualcuno che paragonò la casa dov’egli aveva collocato il pranzo del Tolomeo, un’abitazione sguaiata e solare quanto il suo padrone, a quel tetro villino liberty  di via Tasso che la sera poteva essere il rifugio ideale per giovani amanti e che tutti evitavano per la diceria che incuteva timore, falsa o vera che fosse, che la voleva abitata da fantasmi in pena, trascinanti sonore catene.
Con Montesano mia moglie, amante della letteratura francese, intrecciò uno scambio epistolare discutendo spesso di Rimbaud, un poeta che entrambi amavano. Ricordo una lettera che mi lesse Elvira sulla poesia L’oisive jeunesse.
Amo molto la prosa di Montesano e leggo con avidità i suoi articoli che frequentemente compaiono sulle pagine de Il Mattino: straordinario, per potenza evocativa, quello di pochi giorni fa sul carcere di Poggioreale:  tanto vero, quanto crudo,  da indurre il ministro della giustizia ad inviare di corsa gli ispettori, a preannunciare il suo arrivo e ad invocare amnistia ed indulto come unica soluzione alla vergogna del sovraffollamento.

copertina libro Il ribelle in guanti rosa


L’ESPERTO DI PITTRICI

Rosario Pinto

Rosario Pinto è uno dei tanti studiosi locali la cui opera, poco nota al grande pubblico,  è fondamentale per le ricerche e gli studi effettuati in particolar modo sull’attività delle pittrici napoletane dal ‘600 ai giorni nostri,  argomento mai trattato in precedenza, che Pinto approfondisce facendoci conoscere, oltre alle famose Artemisia Gentileschi, Diana De Rosa (più nota come Annella Di Massimo) ed Elena Recco, altre sconosciute artiste, spesso monache, che, nel segreto del claustro, si sono espresse a livelli più che dignitosi. Inoltre, l’autore sottolinea come in quegli anni alle donne fosse concessa la penna, ma non il pennello.
Docente di storia dell’arte, Pinto ha dedicato tutto il  tempo libero allo studio, divenendo esperto  di pittura antica e contemporanea, curando mostre e relativi cataloghi di numerosi artisti, che lo cercano nella speranza di un giudizio positivo, che egli esprime costantemente con libertà ed onestà intellettuale.
Altra chicca nella sua produzione è una monografia sui pittori di Atella, terra prodiga quanto fertile, che ha dato natali a più di un artista famoso.
Il libro più noto di Pinto, oggetto di varie ristampe, è un ponderoso manuale che esamina tutta la pittura napoletana, dalla tomba del tuffatore ai nostri giorni, la cui lettura è indispensabile non solo per gli appassionati ma per gli stessi specialisti.
E’ stato il primo ad occuparsi di Giuseppe Marullo identificando dipinti che passavano come di ignoto, restituendo all’attenzione della critica un pittore più che valido.
“E qui comincian le dolenti note”, perché nel frattempo anch’io avevo reso l’artista oggetto delle mie ricerche e dopo una prima monografia, licenziata alle stampe a doppia firma, dopo pochi mesi ne pubblicai un’altra da solo, con una veste iconografica molto più curata, che ha avuto numerose ristampe.
Inevitabilmente si è venuta a creare una sorta di gelosia (gli studiosi soffrono di questo vizio peggio dei fidanzati) e si è incrinato un rapporto d’amicizia e collaborazione di vecchia data, che aveva visto Pinto relatore, assieme ad Agnisola, nel salotto letterario di mia moglie Elvira e tra i presentatori del mio libro Le ragioni di della Ragione nell’aula magna dell’Istituto Denza.
Ricordo, come se fosse oggi, che Pinto lesse alcuni passi di una mia lettera al Direttore nella quale rendevo nota al pubblico la mia scoperta di un Mattia Preti nella sacrestia di una chiesa di Forio d’Ischia per poi dilungarsi su un mio commento ai Moniloghi della vagina.
Sono certo che, in futuro, chiarito ogni equivoco, torneremo d’amore e d’accordo.
Vorrei concludere questa breve biografia con una mia considerazione sulla fondazione della pittura come arte, ricordando un poco noto mito greco secondo il quale Dibutate, figlia di un vasaio, disegna sul muro il profilo dell’amante intorno alla sua ombra. Questa nobile branca del pensiero umano avrebbe perciò un  inizio al femminile, ipotesi plausibile per gli antichi, che possiede un fascino prorompente!
La pittura, figlia dell’amore, creata da una donna: un mito che ha il sapore della favola con una fanciulla che dona una tecnica all’umanità sull’altare dell’amore.

IL PRESIDENTE DEL PREMIO NAPOLI

Silvio Perrella

Silvio Perrella, siciliano di nascita (è nato a Palermo nel 1959), da tempo vive e lavora a Napoli. E’ un acuto critico letterario ma, nello stesso tempo, autore di alcuni libri: Calvino (Laterza 1999), Fino a Salgareda - La scrittura nomade  di Goffredo Parise (Rizzoli 2003) e  Giù Napoli (Neri Pozza 2006). Ha curato l’edizione di molti libri altrui ed in particolare il  Meridiano  dedicato alla produzione di Raffaele La Capria, pubblicato nel 2003.
Collabora a numerosi quotidiani e riviste specializzate, tra cui Il Mattino e L’Indice dei libri del mese. Dirige la rivista Mediterranea Mesogea.
La carica più importante che ha ricoperto è stata, dal 2007 al 2012, quella di presidente della Fondazione Premio Napoli, il concorso più ambito del sud Italia.
Durante il periodo in cui ha ricoperto la prestigiosa carica ha avuto il merito di aver ambientato le diverse edizioni del Premio in quartieri popolari come la Sanità o, addirittura, tra le tristi mura del carcere di Poggioreale:  questo andare in giro per la città, esplorandola, ha creato nel tempo un gruppo sempre più ampio di sostenitori.
Le sue improvvise dimissioni, un anno prima della fine del mandato, ha creato malumore nel  mondo della cultura ed ha posto all’opinione pubblica una spinosa domanda, con relativa, amara risposta, sul perchè in questa sfortunata città, coloro che fanno il proprio lavoro con passione, creando valore aggiunto in termini di sviluppo con nuove ed innovative idee, siano spesso costretti a dimettersi per motivi che vanno ricercati nella politica: tutto ciò, siamo convinti, porterà al declino ed alla perdita d’autorevolezza del Premio, che era divenuto prestigioso ed ambito.
Perrella fu ospite del salotto letterario di mia moglie Elvira insieme a Giuseppe Montesano: autore e critico si contrapponevano e completavano nello stesso momento. Bello come un dio greco, fece accelerare il battito cardiaco a più di una signora d’annata ma la frase che più colpì il pubblico fu: << Napoli, una città potente ma senza potere >>, una considerazione amara che indusse tutti i presenti ad una necessaria riflessione.